E’ il passo oltre al 3D a cui solo ora ci stiamo abituando e che solo nei film di fantascienza abbiamo potuto ammirare, naturalmente frutto di effetti speciali. Ora però è realtà, anche se con ancora molti passi da fare prima di divenire uno standard commercializzabile.
La differenza sostanziale è che con l’attuale 3D un’immagine stereoscopica viene inviata ai nostri occhi in modo da farla sembrare tridimensionale, obbligandoci a volgere lo sguardo verso un punto fisso per ammirarne l’effetto. La telepresenza invece non si pone limiti, se non quello che l’ologramma è più o meno reale in base alla quantità di telecamere che stanno riprendendo da più punti l’immagine da proiettare, per ottenerne una visuale a 360°.
Immaginate di avere di fronte a voi l’immagine di una persona con le esatte proporzioni e prospettive di una in carne ed ossa, trattandosi invece di un “semplice” ologramma. Già nel 2008 lo stesso gruppo di ricercatori, capitanato da Nasser Peyghambarian in foto, aveva ottenuto un risultato simile, riuscendo però a proiettare solo immagini in bianco e nero con un aggiornamento di immagine ogni 4 minuti.
A questo punto i campi di applicazioni sono molti: dalle videoconferenze con persone che non si trovano fisicamente nella stessa stanza se non con il loro ologramma a operazioni chirurgiche supervisionate da specialisti da tutto il mondo, a sostegno dell’operazione stessa, passando per effetti speciali come quelli del cinema.