Il crowdfunding sta diventando un gioco d’azzardo


Internet & Social, Shopping / martedì, Maggio 10th, 2016

Una delle più belle innovazioni figlie dell’era digitale e della comunità internet è senza dubbio la tecnica del crowdfunding: singoli individui o piccole startup che propongono la loro idea nella speranza che privati investitori (noi) decidano di finanziarne lo sviluppo in cambio di ricompense o di un esemplare di quello che sarà il prodotto finito.

Alcuni dei più famosi gadget in circolazione hanno visto la luce proprio grazie a questo sistema, come lo smartwatch e-ink Pebble (oltre 10 milioni di dollari raccolti) o la console Android OUYA (oltre 8 milioni di dollari raccolti) a dimostrazione che, se l’idea è valida, gli utenti non ci penseranno due volte a sostenerla con piccoli o grandi contributi. È una tecnica che permette a chiunque di partire da zero e dare vita alla propria idea, senza l’obbligo di dover ottenere il sostegno delle banche, spesso restie a finanziare progetti dal futuro incerto. Tutto molto bello e tutto molto facile. Oppure no?

Le grandi piattaforme che ospitano questi progetti stanno infatti sbattendo la faccia sempre più spesso su startup insolventi, incapaci di trasformare il denaro ricevuto nel prodotto promesso, mandando in fumo centinaia di migliaia di dollari – se non milioni – e lasciando a bocca asciutta gli investitori. Nel migliore dei casi si tratta semplicemente dell’ammissione da parte dei creatori del progetto di non riuscire nell’intento dichiarato, con rapida restituzione dei soldi, ma nella maggior parte dei casi i backers (gli utenti che decidono si sostenere e finanziare l’idea) devono fare i conti con il fallimento totale della startup, che non solo non è in grado di portare avanti lo sviluppo, ma risulta anche completamente incapace di restituire i soldi ricevuti.

Come nel recentissimo caso del bracciale ad inchiostro elettronico i cui creatori dopo aver raccolto qualcosa come un milione di dollari abbondante hanno dichiarato bancarotta, annullando il progetto e facendo sapere tramite i loro legali di non essere più in grado di restituire i fondi raccolti: nelle casse sono rimasti appena 30.000$. Il problema è che Kickstarter, come gli altri, non garantisce la protezione delle quote investite, che in questi casi vengono inesorabilmente perse. Fino ad oggi però gli investitori che si erano affidati a PayPal per i pagamenti avevano potuto beneficiare del sistema di protezione offerto dal sistema di pagamento elettronico: così come quando acquistiamo qualcosa su eBay che poi non riceviamo o che si rivela essere ben diverso dalla descrizione, PayPal si impegnava, dopo le dovute verifiche, a restituire i soldi all’acquirente/investitore rifacendosi sul venditore/creatore.

Evidentemente però anche dalle parti di Palo Alto devono aver fiutato la fregatura, dal momento che il colosso dei pagamenti californiano ha deciso che a partire da ora la protezione acquisti non sarà più garantita per tutti coloro che supportano campagne di crowdfunding tramite PayPal.

Un campanello d’allarme, che dovrebbe metterci tutti in guardia circa l’affidabilità di questo metodo di raccolta fondi: se è vero che solo così alcune tra le idee più originali possono diventare qualcosa di concreto, è altresì importante ricordare che circa il 9% delle campagne lanciate sul solo Kickstarter falliscono inesorabilmente una volta terminate e ad obiettivo raggiunto, lasciando a mani – e portafogli – vuote migliaia di volenterosi backers. Il motivo ufficiale della scelta di PayPal è la necessità di ridurre i costi, ma è chiaro che, soprattutto alla luce dei casi più recenti, il rischio di dover rimborsare migliaia di utenti per l’inadempienza dei creatori dei vari progetti è davvero più alto di quello che si possa immaginare.

Di contro, questo trend potrebbe servire a sensibilizzare ulteriormente gli utenti, che prima di affidare il loro denaro nelle mani di sconosciute e ambiziose, forse troppo, startup inizieranno a ponderare meglio la possibilità di sostenere un progetto, valutandone l’effettiva fattibilità. Quello che conta, comunque, è essere sempre ben consapevoli che ora come ora lanciarsi nel magico mondo del crowdfunding equivale ancora, purtroppo, a giocare d’azzardo. O almeno fino a quando Kickstarter & Co. si prenderanno la – doverosa – briga di “aggiustare” questo sistema a tutela degli investitori, con regole chiare e verifiche costanti sulla gestione di ogni singolo progetto, ponendosi come sorta di “amministratore” dello sviluppo fino alla sua naturale conclusione.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Abits.it